Le resistenze al cambiamento

come neutralizzare gli avversari dell'innovazione

Come dappertutto, anche nel campo dell'innovazione esiste chi è contrario. Sembra paradossale in un mondo dove l’innovazione è dappertutto, dove ogni prodotto o servizio lanciato sul mercato viene presentato come innovativo. Tuttavia, si sa, il cambiamento è sempre faticoso. Mette in discussione posizioni a volte duramente conquistate, fa sorgere dubbi sulle certezze acquisite e soprattutto non garantisce nulla di sicuro. Ovvio che vi sia chi si oppone. 

"A chi diavolo vuoi che interessi sentir parlare gli attori?"  (H.M. Warner fondatore della Warner Bros., 1927)

Ci sono voluti una ventina d’anni per passare dalla navigazione a vela a quella a vapore. Le resistenze al cambiamento da parte dei fabbricanti di vele si concretizzarono nel dotare le navi di alberi per le vele sempre più numerosi. 

La forma dei sottomarini, dalla loro invenzione a fine ‘800 e fino agli anni ’50, imitava quella delle navi con la chiglia sottile e allungata per tagliare meglio le onde. Questa forma idrodinamica tuttavia era efficiente solo durante la navigazione in superficie, mentre sott'acqua creava dei vortici che facevano rallentare il natante. Fu solo nel 1953 che l’Ammiraglio Monsen studiò una nuova forma che risolveva quei problemi ed era efficiente sott'acqua e disegnò il sottomarino Albacore a forma di goccia, simile alla sagoma di un cetaceo. Da allora è diventata lo standard di tutti i sottomarini del mondo. Ci sono voluti oltre cinquant’anni per metterla in discussione.

 Lo stesso avvenne per le carrozze ferroviarie che nei primi treni erano di fatto le medesime carrozze fino a poco tempo prima trainate dai cavalli, le file di sedili contrapposte e le porte ai lati tra i sedili. La forma delle carrozze restò invariata per oltre un secolo anche se ora erano “trainate” da un motore a vapore. Fino agli anni ’60 le carrozze delle ferrovie italiane avevano ancora le porte tra uno scompartimento e l’altro, proprio come quelle delle vecchie carrozze trainate dai cavalli.

Così come nella società, anche nelle organizzazioni esiste un atteggiamento di per sé “nemico” di ogni cambiamento: il conformismo. Questo perché esistono dei fattori psicologici che favoriscono il mantenimento dello status quo rispetto ad un possibile cambiamento. Le ricerche degli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky dei primi anni '70, culminate nel premio Nobel per l'Economia a Kahneman nel 2002, avevano lo scopo di studiare in quale modo gli esseri umani prendono le decisioni in contesti dominati dall'incertezza e con limitate risorse ed hanno messo in discussione la diffusa teoria dell’utilità attesa di John von Neumann e Oskar Morgenstern, un modello di scelta razionale che descrive il comportamento economico delle persone che sceglierebbero secondo la reale probabilità di ricavare un guadagno dalla loro decisione. Le loro ricerche sperimentali portarono a una conclusione rivoluzionaria riguardo alla mente umana, e cioè che gli individui prendono le loro decisioni utilizzando un numero limitato di euristiche (cioè delle scorciatoie mentali), piuttosto che sofisticati processi razionali. Negli ultimi decenni la psicologia cognitiva ha chiarito che è impossibile adottare un pensiero esclusivamente razionale perché la mente umana ha incorporato durante l'evoluzione una serie di comportamenti intuitivi che ci hanno consentito di sopravvivere in ambienti ostili prendendo decisioni

Per questi motivi è comprensibile che in azienda si trovi chi ostacola la creatività e ogni tipo di cambiamento e di innovazione. Definisco queste persone “killer delle idee” perché sopprimono ogni nuova proposta, ogni ipotesi, fin dal momento in cui nasce. Lo fanno in buona fede naturalmente, ma lo fanno. Allora, come individuarli?

Mai sentito frasi come queste? "Certo, è molto interessante, ma…" e quel "ma…" spalanca ad una valanga di commenti, obiezioni, critiche che in realtà equivalgono a un perentorio "no". 

Oppure "

Si, ma…" Questa frase sembra acconsentire, anche con interesse, salvo poi rifiutare ogni proposta che modifichi l'esistente. Altra frase che capita spesso di ascoltare è quella del "Perché mai proprio noi dovremmo essere interessati a questo progetto? In fondo nemmeno i nostri concorrenti…". Salvo arrabbiarsi dopo qualche tempo vedendo diminuire la propria quota di mercato senza capirne il perché. Le frasi tipiche tuttavia restano il “non si può fare”, “non abbiamo budget”, “costa troppo” e via dicendo fino alla madre di tutte le obiezioni: “ma abbiamo sempre fatto così…”. 

 I giudizi sono così spesso usati perché sono comodi, evitano di pensare, l'essere umano non riesce a sopportare l'ansia di non sapere, di affrontare ciò che non conosce e quindi preferisce giudicare piuttosto che prendersi la responsabilità di mettere in discussione le proprie comode certezze. Il “killer delle idee” vede in ogni proposta un'insidia, in ogni cambiamento un attentato alla sua esistenza, in ogni critica un dovere da compiere. L’importante è non cambiare nulla. 

Proprio per questo nel corso degli anni abbiamo ideato uno strumento per neutralizzare pacificamente questi “killer delle idee”. 

Si tratta di un semplice foglietto di carta con un disegno divertente ed una sola parola: antikiller. Semplice ed efficace. Ecco come funziona. 

Durante i workshop o le riunioni i foglietti di carta in grande quantità sono a disposizione di tutti, disposti sul tavolo o per terra. In qualsiasi momento se qualcuno si accorge che una persona esprime un giudizio o critica un’idea afferra un foglietto, lo accartoccia e lo lancia verso chi ha espresso quel giudizio, verso il killer dell’idea.  

Non importa chi sia e quale “killerata” abbia proferito. Se quella frase, quel gesto, è stato percepito dagli altri come un giudizio che stronca l’idea, che dà fastidio, viene lanciato un antikiller, senza dover fornire alcuna spiegazione, non serve commentare cosa è stato detto e perché, non ha importanza. Quel che importa è che in quel momento è stato espresso e percepito un giudizio fuori luogo. 

Perché funziona così bene? Perché è una maniera gentile e divertente di dare un feedback al proprio collega che non viene criticato o rimproverato per aver espresso un giudizio, ma solo “colpito” in maniera giocosa, ma indiscutibile, di fronte a tutti. Sta poi a chi riceve l’antikiller riflettere sul proprio comportamento, e questa è la chiave del suo successo.